"SONO AL BUIO E PENSO A TE, CHIUDO GLI OCCHI E PENSO A TE, IO NON DORMO E PENSO A TE"

Ogni volta che penso a come raccontare la dipendenza affettiva, mi risuonano nella testa le note della famosissima canzone di Lucio Battisti che nel suo ripetersi di accordi, parole e formulazione della frase, quanto del pensiero, ci rimanda l’immagine di un labirinto da cui è quasi impossibile riemergere. 

La dipendenza affettiva è uno stato psicologico in cui la relazione di coppia è vissuta come condizione unica, indispensabile e necessaria per la propria esistenza. Il pensiero dell’altro diventa totalizzante, fino al punto che ascoltare “banalmente” i propri bisogni diventa quasi impossibile. Tale meccanismo viene ripetuto nel tempo per evitare di affrontare la paura più grande: la rottura della relazione. 

È una condizione relazionale caratterizzata da assenza cronica di reciprocità nella vita affettiva, che tende a creare malessere psicologico e/o fisico poiché l’elemento centrale è l’impossibilità di vivere senza l’altro. 

Spesso i pazienti mi chiedono “Come mai non ce la faccio a lasciarlo/a? Da solo/a, io muoio”. Alla base di quest’affermazione possiamo riconoscere la presenza di convinzioni sull’altro-salvatore e su di sé-deboli che sono complementari l’una all’altra, convinzioni che si incastrano alla perfezione. Ognuno però ha la propria storia che da raccontare e in cui andare a cercare i motivi per cui tutto ciò si è strutturato. Non possiamo permetterci di “banalizzare” citando brevemente e sommariamente concetti quali autostima, insicurezza, disturbo di personalità, paura dell’abbandono. 

Una mia paziente, una donna di poco più di trent’anni, mi raccontava di una relazione con un uomo che aveva invaso completamente la sua mente. Era una donna molto intelligente, che funzionava in tutte le sfere della sua vita personale e professionale, ma lì, in quella relazione era completamente bloccata. Lui tendeva ad avere atteggiamenti ambivalenti, rifiutanti e manipolatori. Dopo un lungo lavoro, era emerso che “non poteva accettare di perdere una sfida, non era possibile che non avesse il controllo di questa situazione“. Abbiamo continuato a lungo un lavoro molto intenso che raccontava della paura del rifiuto, dell’incontro con un altro (non solo quello reale ma anche quello interiorizzato) che può non essere ciò che noi desideriamo per noi stessi e che per questo, possiamo lasciare andare.   

Forse la tua storia di dipendenza affettiva ha dei link in più con qualche sofferenza più profonda, con un dolore a cui, forse, non sei ancora riuscito a dare un nome e che indubbiamente merita uno spazio di racconto.   

Dott.ssa Chiara Matera 3711975372

(…)Eva dalla costola, Venere dall’onda,
Minerva dalla testa di Giove
erano più reali.
Quando lui non mi guarda,
cerco la mia immagine
sul muro. E vedo solo
un chiodo, senza il quadro.

(estratto da “Accanto a un bicchiere di vino”, W. Szymborska)